RINNEGATI - 12/09/1000 - di Arbèa, Isurus, Trotìk e Ulderì



E' un problema se gli strumenti musicali vengono a contatto con l'acqua. E' un vero peccato se vengono totalmente immersi in un liquido. E' un sacrilegio se vengono abbandonati in un lago. Eppure, ad Ulderì non venne in mente altra soluzione. Avrebbe rischiato di affogare. Provò a slacciarsi lo scarpone destro, ma non riuscì; con il sinistro non provò nemmeno. A fatica, si tolse l'armatura di cuoio, e a malincuore si sfilò lo zaino. Parzialmente liberato dal peso di questi oggetti, riuscì finalmente ad avanzare di qualche metro verso la riva. Dopo cinque o sei bracciate, si voltò per guardare il liuto. Era notte, faticò ad individuarlo. Ma dopo qualche secondo, eccolo lì: la sagoma tondeggiante, marrone scuro, galleggiare sull'acqua. Il bardo lo guardò, per un ultimo saluto al compagno di taverna, come si saluta un amico fedele che sta irrimediabilmente annegando. Le onde lo muovevano facendolo roteare adagio su sé stesso. Ulderì attese che il moto lo facesse voltare verso di lui, come se volesse vederlo in faccia. Lo guardò, e ne vide il volto. Aveva persino gli occhi. Gli occhi? Ulderì spalancò la bocca per lo stupore, e l'acqua gli entrò in gola. Era una testa, la testa di un Erinni. D’improvviso la testa si alzò, sollevandosi di circa un metro dal livello della superficie. Ulderì era terrorizzato: non aveva mai sentito parlare di un mostro capace di staccare il capo dal proprio corpo. La testa compì quindi un paio di ampi cerchi, la bocca contratta in un’espressione di sgomento, per poi lanciarsi ancora più in alto e cadere in parabola una ventina di metri più in là, verso il largo. E proprio laggiù, dove lo sguardo del bardo non poteva arrivare, la bocca di un enorme pesce si aprì per poi sbranarla.

Ci contava, Isurus. Parlare con le creature acquatiche non era difficile, ma ottenere la loro collaborazione era tutt’altro che scontato. Eliminare la testa, in quei casi, era una priorità. Non se n’era dimenticato. Per questo motivo, dopo averla tranciata di netto, l'aveva infilzata con la punta dell'alabarda e l'aveva fatta roteare per lanciarla dove aveva visto avvicinarsi quel grande pesce affamato. In un'altra occasione, quella creatura acquatica sarebbe stata un problema, ma dandole in pasto la testa e promettendole il resto del corpo, l'aveva convinta a non importunarlo. Sarebbe poi andato a soccorrere Ulderì, ma aveva ancora una cosa da fare, mentre era in acqua…

"Grazie Brandibacco, tutto bene!": Trotìk ringraziò il warlock, che si era preoccupato per la sorte del suo amico. Il topo era riconoscente nei confronti dell’halfling. “Sai, io sono abituato a saltare e a cadere senza farmi troppo male. Sai, una volta mentre correvo su un cornicione… ‘be, poi ti racconto, ora andiamo! Combattiamo contro quella rimasta in vita!”. Alzandosi in punta di piedi, riuscì a dare una pacca sulla spalla di Brandibacco, e si diresse di corsa verso Lylith. Pensava che ad aiutare Ulderì avrebbe pensato Isurus, perciò non se ne preoccupò.

Arbèa pensò di scendere dalla Maelstrom ormai distrutta – forse era questa la causa del fatto che non riuscivano più a comandare gli elementali né a percepirli. Si avvicinò al parapetto: “Ora Scendo, Ayame!” esclamò mentre legava la corda; poi ci ripensò: “Solo un minuto, tu vai ad aiutare Lok'Tar e Damien!” , quando le venne in mente che nella cabina avrebbe potuto trovare oggetti utili, o documenti importanti. Se fosse scesa, temeva di non riuscire a risalire.
 
NON GDR – INTENZIONI
Ulderì: abbandona zaino e armatura e nuota a riva.
Isurus: cerca sul fondo le spade perse da Promethea, e il liuto di Ulderì.
Trotik: corre verso Lylith e lancia “mano magica” per tirare a sé la lancia del nemico.
Arbea: si assicura con la corda legata in vita e va nella cabina del comandante per cercare oggetti o documenti.

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